Il
revival della vecchia, gloriosa New Wave degli anni Ottanta è
ormai in auge da anni e ha riesumato anche band e sonorità
che avremmo preferito lasciare nel dimenticatoio. Da una massa di
band fotocopiate si alza però in volo un gruppo che di quell'epoca
ha saputo cogliere solo gli spunti più preziosi, riferimenti
forse un po' snob, tradotti in una sensibilità senza tempo,
che trascende mode e generi musicali. I Butterfly Collectors distillano
una lunghissima esperienza in quattro pezzi intriganti, che giocano
con voi, sfidandovi a indovinare cosa si nasconde l'attimo dopo
(e attenti: perderete sempre).
L’inizio quasi
Western di Trying Something è la giusta introduzione: immediatamente
sfida una delle convenzioni musicali della “canzone pop da
cinque minuti", in un modo che non rivelerò. Parte quindi
la voce, o meglio, una delle due voci del talentuoso e poliedrico
cantante e autore Lorenzo Fragiacomo: questa è la voce cristallina,
leggera come farfalle in volo, fintamente indifferente al mondo
ma in realtà curatissima e piena di intensità, che
da' corpo a liriche semplici e dirette.
La sorpresa è
appena finita quando un inizio orientaleggiante porta la straordinaria
Open Your Eyes: un po' Church del periodo d'oro, nei testi (e nel
video) è nonsense dadaista elevato ad arte, mentre nelle
parti strumentali rivela al meglio la padronanza tecnica degli altri
due "collezionisti" Andrea Vergani e Max Borghesi. E’
quando mancano riferimenti troppo ovvi da cui copiare (come tristemente
succede per molte nuove band) che emerge la vera bravura di musicisti
non legati a clichè o all'imitare suoni già creati
da qualcun altro. La voce di Lorenzo è la "seconda",
più decisa, più ipnotica in questa strana melodia
per favolette dove si nasconde il lupo cattivo.
Dobbiamo forse preoccuparci
delle reali intenzioni dei collezionisti? Siamo forse noi le farfalle?
Open Your Eyes può facilmente suggerire l’immagine
mentale di scatolette da collezionisti, vuote, con uno spillo che
aspetta… Ma ora ci sentiamo sicuri nell’abbraccio della
musica, perché la terza canzone è fatta di zucchero
filato e di stelline: You Turn Me On non si vergogna di essere una
romanticissima canzone d’amore, con violini che sfarfallano
eleganti e disegnano arabeschi nell’aria, una canzone vecchio
stile, come non ne fanno più e come invece noi ameremmo ancora
sentirne.
Ma non c'è
niente di prevedibile nel mondo dei Collezionisti, e dalla canzone
d'amore “piaciona” si passa all'ultimo brano, Home Talks,
che è esattamente il contrario. Su una base vagamente esotica,
dall'incedere felino e fintamente rilassato, tra mille suoni in
sottofondo che creano spazio e profondità e che emergono
solo dopo ripetuti ascolti, i versi sono tristi, cinici, è
un'elegante canzone di non-amore. E i violini, anche qui perfettamente
composti, ci lasciano un gusto malinconico. È fatta: siamo
stati catturati con uno spillo e messi sotto una teca, ammaliati.
Paola indiescene.it
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